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Magni Giappone 52
Il nome che porta evoca una paese lontano, situato
dall’altra parte del mondo, ma la moto, potete starne certi, è fatta in
Italia, parte nella fabbrica sul Lago di Como e il resto nel piccolo ma
suggestivo stabilimento di Samarate (VA).
La Giappone 52 nasce con queste premesse, figlia
dell’incrocio tra il cinquantesimo anniversario dell’importatore Magni
giapponese, Fukuda, e il ventesimo anno dalla fondazione del marchio stesso. Bicilindrica si è infatti già occupata del marchio Magni, ma lo ha fatto diverso tempo fa (esattamente sul primo numero) e da allora la quantità degli abbonati è cresciuta di buon grado (fortunatamente), perciò ci sembra doveroso fare un piccolo riassunto delle “puntate precedenti”.
Arturo Magni nasce ad Arcore il 24 settembre del
1925 e, dopo le prime esperienze lavorative in altri settori, comincia la
sua carriera tra le due ruote entrando a far parte del reparto corse Gilera
(siamo nel 1947). Tre anni più tardi, poi, il giovane tecnico lombardo
approda sotto le insegne della MV Agusta, dove rimane fino al ritiro dalle
competizioni della fabbrica di Cascina Costa.
All’inizio vengono commercializzati kit di
modifica per le stesse MV, ma poi, nei primi anni ‘80, Arturo decide di
cimentarsi nella realizzazione di moto complete. Dopo qualche tentativo con
Honda e Bwm, nel 1984, lui e suo figlio Giovanni decidono di rivolgersi a
Moto Guzzi, all’epoca presieduta dall’imprenditore italo-argentino Alejandro
De Tomaso, per la fornitura dei motori con i quali equipaggiare un piccolo
lotto di moto stradali. La risposta è positiva e, nel giro di un anno e
mezzo, nasce la prima Magni con motore Guzzi: la Le Mans.
A questo modello seguiranno la Classico e la
Arturo 1000, mentre, nel 1989, è la volta della Sfida, vero e proprio pezzo
forte della Casa di Samarate che, attraverso numerose versioni successive,
compare tutt’ora in listino. Si arriva così al 1998, anno in cui viene data alla luce la Giappone 52, realizzata nello stesso numero di esemplari, ognuno dei quali identificato da una targhetta con tanto di numerazione progressiva; la punta di diamante all’interno della produzione stradale Magni.
La Giappone è infatti una moto senza compromessi:
leggera, ben 36 Kg meno rispetto a una Le Mans, rigida e piuttosto
impegnativa, l’oggetto ideale per chi vuol vivere emozioni forti, senza dar
troppa importanza al comfort e a prezzo di un certo sforzo nella guida.
Ad ogni modo, basta qualche sgasata e il V-twin
Guzzi è già in temperatura, lì pronto ad obbedire. Cambio e frizione sono
sufficientemente morbidi e precisi per modulare a piacimento le partenze e
rendere comunque facile la ricerca del folle.
In ogni caso, la ciclistica risulta ben bilanciata
e non richiede contromisure particolari per essere gestita, come testimonia
l’assenza dell’ammortizzatore di sterzo, caratteristica per la quale Magni
va particolarmente orgoglioso. La gradevole tonalità degli scarichi Lafranconi, poi, fa da sottofondo a una componente meccanica di primo piano, fatta di accelerazioni corpose, gran tiro e un “ruvido” freno motore. A proposito di freni, quelli anteriori svolgono davvero bene il loro compito: potenti e modulabili, con un’ottima risposta sulla leva e un rassicurante trasferimento di carico da parte delle sospensioni.
Purtroppo, al momento di fare sul serio, ovvero
quando le gomme cominciavano ad essere ben calde, ha cominciato a cadere un
leggera pioggia che ci ha impedito di approfondire la conoscenza con la
Giappone. Bella: la Magni evoca momenti di nostalgia, ma anche attimi di esaltazione “contemporanea”, quando si decide di trattarla come una vera moto sportiva. I cromosomi, insomma, sono quelli giusti, figli di quasi trent’anni di esperienza e di una base meccanica sinonimo di tradizione. Certo, il prezzo non troppo abbordabile (siamo pur sempre sopra i 15.000 Euro) e il livello di sviluppo non proprio aggiornatissimo, collocano la Giappone 52 in un mercato di super-nicchia, oggetto di culto per veri intenditori, il più delle volte muniti di passaporto straniero. Sarà, ma nonostante questo, dopo averla provata e, soprattutto, dopo aver speso un piacevolissimo pomeriggio in compagnia di Arturo e Giovanni, cominciamo a invidiarli proprio questi pochi, facoltosi e fortunati signori che entreranno in possesso di un esemplare col nome Magni scritto sul serbatoio e quello Moto Guzzi inciso sui carter motore... Source motoitaliane.it
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